di Franco Turigliatto
La crisi politica italiana si contorce su se stessa senza che si
intravedano a breve soggetti politici o sociali che possano imprimere
mutamenti sostanziali e ancor meno determinarne soluzioni radicali
alternative, qualsiasi sia il loro indirizzo.
Per questo l’ennesimo balletto a cui si assiste in questi giorni, le
incertezze, le manovre e i ricatti degli esponenti del PDL nel tentativo
di salvare comunque il capo e se stessi da una crisi che non può essere
rovesciata, le mille divisioni del PD e la sua assoluta mancanza di
qualsiasi ipotesi alternativa diversa dal tirare anch’esso a campare
risulta insopportabile di fronte alla drammaticità sociale ed economica
vissuta dalla stragrande maggioranza delle/dei lavoratrici/tori e
cittadini. Tutto ciò esprime il carattere maledeorante del capitalismo
italiano nella sua incapacità di darsi una direzione politica
minimamente credibile; il padronato, dopo il fallimento sul piano
politico, dell’operazione Monti, punta soltanto ad avere un governo,
qualunque esso sia, che gestisca i suoi affari correnti, cioè
l’applicazione delle ricette dell’austerità. E su questo terreno non può
essere del tutto dispiaciuto.
La borghesia italiana avrebbe voluto fare a meno di Berlusconi da
tempo, ma costui è pur sempre parte sua e non ha mai trovato gli
strumenti e la forza per liberarsene davvero, così il capo del PDL resta
presente, certo non più come prospettiva credibile, ma soggetto capace
di mantenere una percentuale di consensi elettorali e di ricattare e
mercanteggiare come fa ogni giorno.
E’ fin troppo ovvio che questo gioco del PDL è possibile anche e
soprattutto per il ruolo perverso che il PD da sempre ha condotto nei
confronti del centro destra e che lo ha portato a non vedere altra
soluzione che quella dell’attuale coalizione, così ben “rappresentata”
dal personaggio Letta.
L’abbiamo detto più volte e deve essere ripetuto, una denuncia giusta
e sacrosanta che anche i grillini fanno: tra Pdl e PD non c’è alcuna
reale divergenza di fondo. Per parte nostra specifichiamo che entrambi
rispondono a un solo padrone: alla borghesia italiana e ai suoi
interessi da cui deriva l’assunzione del credo liberista dominante e le
correlate scelte involutive e autoritarie del quadro istituzionale, di
cui il presidenzialismo è la punta dell’iceberg.
Non è un caso che costoro siano impegnati in un ulteriore vergognoso
processo di svuotamento della costituzione, di manomissione
dell’articolo 138, l’articolo che disciplina le modalità attraverso cui
si possono cambiare le norme costituzionali prevedendo, in sostituzione,
un iter molto più rapido e semplice, che faciliterebbe il loro compito
di stravolgimento istituzionale.
E’ un ulteriore passaggio per rendere il testo costituzionale
pienamente corrispondente alla realtà materiale profondamente cambiata
che poco ha ormai a che vedere con l’ispirazione originaria.
Per altro modifiche costituzionali ampie e formali già sono state
realizzate, a partire da quella dell’inizio del secolo del centro
sinistra, per arrivare alla recente introduzione del pareggio di
bilancio in costituzione; inoltre la ratifica del fiscal compact, che è
un trattato internazionale, risulta palesemente in contraddizione con
molte norme democratiche dello Statuto. A questi elementi si deve
aggiungere più recentemente l’accordo del 31 maggio firmato dai
sindacati maggioritari e dalla Confindustria che costituisce una palese
violazione dei diritti sindacali e democratici sanciti dalla carta del
’48.
Hanno di certo ragione a protestare contro la modifica dell’articolo
138 gli intellettuali, i costituzionalisti, le decine di migliaia di
cittadine e cittadini che hanno firmato l’appello contro questo
ulteriore stravolgimento delle norme costituzionali. Ci sono tuttavia
diversi problemi. Il primo è semplice; come mai molti (non tutti) di
questi prestigiosi studiosi non si cono accorti o non hanno denunciato
con forza le precedenti alterazioni?
Secondo ordine di problemi. Moltissimi di questi svolgono la loro
attività politica e sociale dentro un’ottica in cui il PD resta un
referente obbligato di cui non riescono a liberarsi; solo che il PD è
parte fondamentale di questo disegno involutivo, è uno degli agenti
della ferita democratica denunciata.
Esiste infine un terzo problema che ci riguarda tutti: in questa fase
la sola battaglia democratica, anche se sacrosanta, può non avere la
forza per essere vincente, di fronte a una società frantumata, con un
movimento dei lavoratori disperso e demoralizzato e quindi senza un
soggetto sociale capace di farsi carico di una lotta alternativa, prima
ancora di un vero progetto alternativo.
Una forza come il movimento 5 stelle col passare dei mesi è riuscita
ad affinare la sua azione parlamentare, anche attraverso un processo di
selezione del suo personale politico, che può ora non sfigurare di
fronte all’inguardabile schieramento di maggioranza e dei suoi
rivolgimenti; ma la sua battaglia resta solo sul piano parlamentare e
democratico, del tutto legittima; solo che se ci fosse una forza di
classe questa dovrebbe essere raccordata a tutto campo con le battaglie e
il radicamento sociali.
E’ proprio questa mancanza di lotta sociale che lascia ampi margini
di azione alla borghesia, pur di fronte alla sua crisi di direzione: la
crisi politica si macera in una disgustosa mucillaggine, ma le misure
economiche e il degrado sociale vanno avanti giorno dopo giorno mentre
si profilano i provvedimenti dell’autunno per dare corpo alle norme del
fiscal compact.
Le responsabilità delle forze sociali, i sindacati, che ancora hanno
un riferimento al movimento dei lavoratori sono dunque enormi; le
ricordiamo perché sono uno dei dati di fondo della situazione italiana e
devono essere denunciate.
In questa fase pare difficile poter ottenere dei risultati reali, se
non si prova a tenere insieme la battaglia sociale per il salario e il
lavoro e le battaglie democratiche; solo un fronte di forze politiche,
sociali ed intellettuali che integri in sinergia questi due aspetti in
un’ottica di classe potrebbe far brillare un raggio di luce nel cielo
per ora plumbeo del paese.
Per quel che ci riguarda non disdegniamo le battaglie democratiche, e
siamo più che mai disponibili a praticarle, ma sappiamo che oggi la
chiave di volta richiede un autunno di forte mobilitazione sociale e
democratica contro questo governo e le sue misure e ampi settori di
lavoratori capaci di reagire e di ritrovare la strada della lotta.
Per parte nostra lavoreremo a fondo perché si realizzi un fronte
sociale e politico di coloro che rigettano l’austerità e si oppongono a
ogni tipo di involuzione antidemocratica, non coinvolti nel gioco delle
manovre e delle piccole alleanze.
Poi naturalmente chiediamo a tutte e tutti coloro che condividono la
nostra prospettiva politica di costruire insieme a noi, a partire dalla
partecipazione al nostro seminario fondativo del
20-22 settembre a Chianciano, una più forte e radicata organizzazione
politica, per sviluppare un ampio movimento anticapitalista e libertario
nel nostro paese.
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