Infatti, se il vincitore indiscusso, con il 34,6% dei voti, è un finora oscuro avvocato del Parlamento, Miro Cerar, leader di un partito confezionato su misura, il SMC (Stranka Mira Cerarja – Partito di Miro Cerar) tirato su in fretta e furia negli ultimi 2 mesi e dal programma fumoso, la vera sorpresa di queste elezioni è la affermazione al 6% del partito Združena Levica (ZL – Sinistra Unita) dalle chiare posizioni anticapitaliste e di opposizione alle politiche della Trojka.
Una sorpresa annunciata, come vedremo più avanti, ma che adesso non può essere più trascurata da nessuno.
Rifacendosi da capo, diremo che il successo elettorale di Cerar si è costruito intono al mito a noi noto del “rottamatore” della vecchia politica, favorito dalle politiche antipopolari della precedente Premier (Alenka Bratušek) e dal cosiddetto “effetto Dob”, dove Dob è il nome del carcere nel quale da circa un mese è rinchiuso per corruzione uno dei maggiori protagonisti della politica slovena di questi anni, Janez Janša.
Fu proprio sotto la reggenza di Janša che alla fine del 2012 esplose un movimento di protesta che scosse profondamente la Slovenia. Il movimento si generò a partire da casi di corruzione o di mala politica per poi estendersi ad una critica più radicale delle politiche liberiste. In quell’occasione il governo Janša fu costretto a dare le dimissioni ed a cedere il passo alla nuova premier Alenka Bratušek. Il partito di questa ignota funzionaria - Slovenia Positiva - godeva però del supporto dell’Unione Europea e delle banche, per imporre l’austerità ed i piani strutturali a base di liberalizzazioni e privatizzazioni, con un copione simile a quello che in Italia abbiamo conosciuto con il Governo Monti. Il debito, si faceva intendere, è dovuto ad una classe di politici corrotti: una retta e buona conduzione della economia e la attuazione di ciò che vuole l’Europa rimetteranno in sesto le sorti della Slovenia.
Figura 1. Le privatizzazioni in Slovenia secondo il Wall Street Journal (allo schema va aggiunta la importantissima catena di distribuzione Mercator) |
Il governo Bratušek non teneva però alla prova dei fatti: nel 2013 la economia non si solleva realmente, i consumi interni si riducono ed aumentano parallelamente i contrasti interni alle classi dominanti slovene.
Il primo test elettorale di quest’anno, le elezioni europee, iniziano a mandare in crisi il quadro politico sloveno. In queste elezioni poco partecipate (28%), a testimonianza di una sfiducia od ostilità crescente verso l’Unione Europea, il partito della Bratušek raggranella solo il 6,6% dei voti, una punizione dell’elettorato a cui non si sottraggono nemmeno i Socialdemocratici, mentre l’SDS – il partito di centrodestra di Janša, al tempo già indagato – rimane il primo partito della Slovenia con quasi il 25% dei voti. Subito dopo le elezioni europee, Slovenia Positiva si spacca e – mancando la fiducia al governo – la Slovenia va verso le elezioni anticipate del 13 Luglio.
Nei mesi precedenti alle elezioni europee, viene fondato il partito IDS (Iniciativa za demokraticni socializem – Iniziativa per un socialismo democratico, di ispirazione marxista radicale) e di seguito viene fondata la coalizione elettorale Združena Levica insieme a due altri partiti, il TRS (ecosocialisti) ed il DLD (laburisti), oltre che a personalità indipendenti ed rappresentanti del sindacato più combattivo, il SVIZ (funzione pubblica e cultura).
La Združena Levica può inoltre, a ragione, essere considerata la Lista Tsipras slovena, visto che l’esponente greco è stato presente al suo battesimo pubblico, il 1° marzo a Ljubljana.
Figura 2 Un esempio di disinformazione: spesso i risultati europei della Slovenia sono stati forniti con la voce “altri partiti”, nascondendo un partito – ZL – con il 5,47% di voti |
La Slovenia arriva quindi alle elezioni politiche del 13 luglio con un governo sfiduciato, una premier costretta anch’essa a costruirsi un partito su misura, il ZaAB (Za Alenka Bratušek – Per Alenka Bratušek), il leader del primo partito sloveno che conduce la sua campagna elettorale dal carcere, una situazione sociale che tende a peggiorare, con i minatori in sciopero nella zona mineraria di Trbovlje.
L’elettorato, un po’ più presente al voto (50%) ma comunque stanco e disilluso, si gioca la carta nuova, ovvero vota in maggioranza la “persona onesta” Cerar in contrapposizione al partito di JANŠA, il quale comunque dimostra una discreta tenuta (20,7%), con una campagna all’insegna della denuncia del complotto e delle “toghe rosse”. La lista personale della ex premier Alenka Bratušek con il 3,4% supera di qualche decimale il quorum, al contrario del suo ex partito – Slovenia Positiva – che rimane fuori dal Parlamento: uno smacco per chi si presentava come il referente dell’Europa in Slovenia e vantava il 28% di preferenze nel 2011.
Vento di crisi pure tra i socialdemocratici che racimolano un (per loro) magro 6% (10% nel 2011), nonostante il restyling rappresentato dalla alleanza con Solidarnost, una delle correnti venute fuori dalle proteste del 2012.
In questo contesto appare molto importante il risultato della lista Združena Levica (Sinistra Unita) che ottenendo il 5,97% dei voti e 6 deputati si afferma come la vera novità del momento. In una Slovenia dove i partiti – anche grandi- appaiono e scompaiono come stelle comete, ZL sembra rappresentare un elemento di continuità e solidità, aumentando i voti sia in percentuale che in assoluto. Un risultato dovuto a nostro parere per la alternatività e chiarezza del proprio programma
La importanza di questo successo non consiste tanto nel fatto che un partito di sinistra si affermi in un paese dell’Est, ma che esso si affermi con un programma dichiaratamente anticapitalista, di opposizione alle ricette della Troika, alle politiche di austerità ed al programma di privatizzazioni che la Bratušek aveva iniziato.
La campagna elettorale di ZL è stata condotta con una spesa di poche migliaia di euro ma si è concentrata su alcuni punti nodali per la società slovena: il sostegno ai lavoratori, con la presenza costante tra i minatori di Trbovlje, e l’opposizione alle privatizzazioni.
Le/i compagne/i del Friuli Venezia Giulia di Sinistra Anticapitalista hanno mantenuto frequenti contatti con le/i compagne/i dell’IDS, apprezzandone le loro capacità organizzative, ma soprattutto la profondità dei loro contenuti teorici, che esporremo in un successivo articolo. La loro fiducia nella possibilità di poter cambiare le politiche europee dall’interno delle stesse istituzioni della Unione Europea, posizione condivisa con il GUE, gruppo a cui ZL fa riferimento, sembra l’unica dissonanza con le nostre posizioni.
Dissonanza che può sembrare decisiva solo a chi guarda la realtà in maniera rigida e statica e non nella sua dialettica, nel suo movimento.
In Slovenia si è dimostrato che una forza anticapitalista dispone di uno spazio per rispondere alla crisi ed al contempo per sfruttare le contraddizioni interne alle elites dominanti. Uno spazio, tra l’altro, apertosi in un paese dell’Est, dove – secondo molti in Italia – dovrebbe esserci terra bruciata per le idee socialiste.
La collaborazione internazionale fra forze anticapitaliste, sia attraverso il confronto teorico che tramite l’organizzazione di mobilitazioni su scala europea, potrebbe aiutare ad espandere questa esperienza anche ad altri paesi.
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